MUSEO ARCHEOLOGICO
Il Museo, ospitato nel prestigioso edificio che fu un tempo convento delle Canossiane, destinato dall’Amministrazione comunale, dopo il restauro, a sede espositiva, propone al pubblico, attraverso un’ampia e ragionata scelta di materiali archeologici, la storia del territorio di Nola.
Il percorso di visita inizia dalla sezione preistorica, scandita da un percorso tematico. Nella prima sala è illustrata l’attività vulcanica del Somma-Vesuvio, delineata attraverso le diverse tipologie eruttive e con particolare rilievo quelle che incisero sulla storia del territorio nolano, come l’eruzione delle “Pomici di Avellino”, nell’età del Bronzo, e quella c.d. di Pollena, per il periodo tardo antico. Nelle sale successive sono esposti i reperti del Bronzo Antico caratterizzanti la facies di Palma Campania, e materiali che testimoniano l’effetto dell’eruzione delle c.d. Pomici di Avellino, i cui depositi piroclastici obliterarono i villaggi della zona. Nell’allestimento si è dato anche spazio all’illustrazione degli esiti delle indagini antropologiche con il supporto di pannelli didattici e le ricostruzioni fisiognomiche di tre individui ritrovati all’interno di sepolture. Inoltre é stata ricostruita una delle capanne rinvenute durante lo scavo dell’insediamento in località Croce del Papa a Nola: all’interno di una struttura di legno in scala reale in cui è riprodotta la distribuzione dell’arredo e degli spazi originari, sono stati disposti alcuni dei reperti recuperati ancora integri.
A quella preistorica segue una sezione dedicata alle origini di Nola, che abbraccia un arco cronologico che va dall’VIII al VI secolo a.C.. Vi sono esposti i corredi tombali compresi tra la fine del VII e gli inizi del VI secolo a.C., provenienti dalle necropoli site in località Torricelle ed in via San Massimo, indicativi dell’influenza etrusca sulla comunità nolana, insieme a vasellame di produzione greca legato al consumo del vino in occasione del simposio, tipico dello stile di vita delle classi aristocratiche.
Seguono le sale dedicate alla “Città dei Cavalieri”, con riferimento al periodo compreso tra il VI ed il IV secolo a. C. L’esposizione introduce, con l’ausilio di pannelli didattici, alla conoscenza del popolo dei Sanniti, la cui presenza in Campania si afferma durante la seconda metà del V secolo a.C.. Numerose testimonianze di tale periodo provengono dagli scavi compiuti nel territorio nolano tra il XVIII e il XIX secolo. Tra questi sono messi in evidenza vasi di produzione ateniese, a figure rosse ed a figure nere, decorati con scene mitologiche: ad esempio, due anfore attiche a figure rosse rispettivamente del Pittore di Alchimaco e del c.d. Pittore di Berlino ed un cratere a colonnette decorato a figure rosse attribuito al c.d. Pittore di Napoli.
Punto nodale della sezione, sono le tombe a cassa ed a semicamera dipinte, che si susseguono al centro della sala, dove è stata posta anche un’ampia gigantografia in scala reale della “Tomba del Cavaliere”, che mostra l’originale disposizione delle lastre dipinte. Sono ricostruite in loco le sepolture a cassa del territorio di Casamarciano, tra cui la c.d. Tomba dei Togati e la c.d. Tomba della danzatrice. Il percorso museale prosegue con le ultime testimonianze relative alla presenza osca; si tratta del periodo che va dalla conquista romana della città (313-312 a.C.) fino allo scoppio della guerra sociale (90-88 a.C.). Tra i reperti esposti alcuni provengono dai santuari rinvenuti presso Cimitile ed a San Paolo Belsito, entrambi testimonianza delle correnti architettoniche di provenienza microasiatica. Quindi si sviluppa la sezione dedicata al periodo del dominio romano, con le statue che ornavano alcuni sepolcri, vari rilievi funerari e quelli provenienti dall’anfiteatro della città, oltre ad una serie di testimonianze epigrafiche.
Il percorso di visita continua al primo piano del complesso con l’illustrazione delle testimonianze di età imperiale, fino ad arrivare ad una sala interamente dedicata alla c.d. villa di Augusto rinvenuta a Somma Vesuviana.
L’esposizione si conclude, infine, con una sezione dedicata alla fine del mondo antico ed all’età medioevale, a cominciare dal suggestivo complesso delle basiliche paleocristiane di Cimitile, fino ad arrivare al periodo moderno, così da dare uno strumento complessivo di lettura e di valorizzazione dei monumenti e delle opere d’arte, altrettanto importanti, attestati in tali epoche nell’area Nolana.
Museo Diocesano
Inaugurato nel marzo del 2000, il museo Diocesano di Nola offre uno dei più interessanti esempi museografici di riutilizzo degli spazi. Il percorso si snoda attraverso silenziose sale situate in parte nel seicentesco Palazzo Vescovile e in parte negli ambienti attigui alla cattedrale. Concludono il percorso alcune sale ricavate dalla chiesa trecentesca di San Giovanni Battista dei Fustiganti, portate alla luce grazie a un’intensa attività di scavo archeologico e rese poi sedi espositive, grazie ad un restauro.
Il museo custodisce: il Tesoro della Cattedrale, formatosi nel corso dei secoli grazie a donazioni di personaggi illustri e dei vescovi; opere d’arte scampate all’incendio del 1861 che distrusse la Cattedrale di Nola; opere provenienti da chiese e edifici religiosi della diocesi.
Particolarmente interessante è la collezione degli argenti costituita da una ricca serie di arredi liturgici. Si tratta per lo più di croci astili, ostensori raggiati, calici e pastorali che documentano materialmente la presenza attiva di importanti argentieri napoletani nel territorio nolano dal XIV al XVIII secolo.
Tra i tanti pezzi in esposizione presenti nella collezione degli argenti, a catturare maggiormente l’attenzione è la preziosa mitria vescovile, capolavoro dell’oreficeria gotico-internazionale della metà del XIV secolo. Parte di un parato vescovile – di cui rimane un elegante anello cesellato e sbalzato impreziosito da castoni che richiama la pala d’oro di San Marco a Venezia – la mitria, a lungo dimenticata nei depositi della cattedrale, presenta una decorazione complessa e stratificata: una struttura metallica campita da perline, pietre e formelle smaltate applicata su una base in stoffa. Le diverse cornici suggeriscono l’idea di un assemblaggio di almeno due diversi prodotti di oreficeria. L’attenzione ai particolari fa cogliere la profonda apertura delle committenze e delle maestranze alle novità provenienti da ambienti artistici diversi, come la Toscana o la Francia. Gli smalti, infatti, sono riconducibili alla tecnica del traslucido su bassorilievo in argento, introdotta a Siena tra il XIII e il XIV secolo. In particolare le formelle stellate a dodici punte raffiguranti san Paolino e la serie incompleta degli apostoli, guardano con precisione a una formella conservata al Museo del Bargello di Firenze. Gli smalti aniconici a fioretti, trilobi e picche, seppur tecnicamente vicini a esemplari senesi, ricalcano figurativamente esempi francesi, ampiamente documentati nel sud di Italia.
Tra gli argenti, inoltre, spiccano i busti dei santi patroni Felice e Paolino, realizzati nel corso del XVIII secolo da Giacinto Buonacquisto e Andrea de Blasio.
Non meno significativo è il patrimonio di paramenti sacri (pianete, stole, mitrie) in seta con ricami in oro esposti nell’ unica cappella sopravvissuta all’incendio della Cattedrale del 1861: la Cappella dell’Immacolata. Piccolo gioiello di architettura tardo cinquecentesca e impreziosita da finissimi elementi barocchi la cappella, di giuspatronato della famiglia Barone dei Marchesi di Liveri, conserva una elegante cona marmorea che incornicia una scultura raffigurante l’Immacolata Concezione, commissionate entrambe nel 1590 a Francesco Cassano e Geronimo D’Auria (doc. 1566 al 1623) da Ottavio Barone. Cassano realizzò l’Immacolata, mentre la cona è frutto della collaborazione dei due artisti.
Pezzo nevralgico della cappella e oggetto di particolare venerazione da parte dei fedeli nolani è la scultura, realizzata nel XIX secolo con diversi materiali, di Maria Santissima Dormiente.
Di forte impatto è, senza dubbio, il Salone dei Medaglioni del palazzo vescovile, così denominato per la presenza dei ritratti dei vescovi che hanno guidato la diocesi di Nola. Posti sulle pareti di fondo del salone, fanno bella mostra di sé reperti lapidei provenienti dall’antica cattedrale così disposti dal vescovo di Nola Michele Raffaele Camerlengo (1935 – 1951) negli anni quaranta del secolo scorso. Tra fusti di colonne, capitelli, decorazioni ad arco e rilievi, spiccano la lastra tombale del vescovo Orlando Orsini, un elegante tabernacolo del XVI secolo e un bassorilievo di manifattura tardogotica raffigurante san Paolino. Grande drammaticità trasudano gli altorilievi raffiguranti la Madonna col Bambino e le anime purganti – attribuita allo scultore Annibale Caccavello – e il San Girolamo penitente, opera di Giovanni Merliano (1488 circa – 1558). Di altissima qualità quest’ ultimo pezzo, proveniente dalla cappella di giuspatronato di Giovanni Barba situata nell’antica cattedrale, è da collegare alla fiorente scultura napoletana della prima metà del XVI secolo, maturata sulla scia dell’attività di Diego de Siloè (1495-1563) e Bartolomé Ordóñez (1480-1520). Nello stesso Salone dei Medaglioni sono, inoltre, custoditi busti reliquiari realizzati tra la fine del XVI e la metà del XVII secolo e alcuni dei preziosi documenti precedentemente conservati presso l’Archivio Storico Diocesano, che ha sede nello stesso palazzo. Tra tutti, una particolare menzione merita il Breviario nolano, un manoscritto del XIV secolo redatto in scrittura gotica con eleganti decorazioni. Esaltano lo scritto e lo incorniciano, deliziose miniature figurate e fregi dai colori vivacissimi che richiamano elementi bizantineggianti, francesizzanti e retaggi di cultura beneventana.
Degna di nota è, inoltre, la ricca collezione di opere pittoriche. Tra le opere più interessanti in esposizione ricordiamo: l’Annunciazione, opera realizzata a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento da Cristoforo Scacco da Verona (doc. 1483 – 1500), legata con molta probabilità alla committenza dei conti Nicola III e Gentile Orsini, e proveniente dalla chiesa dell’Annunziata di Nola, fu definita da Ferdinando Bologna uno dei più bei dipinti del Rinascimento meridionale; le quattro tavole raffiguranti san Felice Vescovo, san Paolino, san Massimo e san Giovanni Evangelista parte, insieme ad altre tavole disperse, dell’antico polittico della Cattedrale di Nola realizzato, nel secondo decennio del XVI secolo, dal pittore salernitano Andrea Sabatini (1480 circa – 1545) su commissione del vescovo Giovan Francesco Bruno (1505 – 1546); La piccola Madonna con il bambino dalla delicatezza Raffaelliana, attribuita ad Andrea Sabatini; La Maestà di Nola, datata al primo terzo del Quattrocento. L’opera, situata per decenni nella chiesa dei Santi Apostoli, ha aperto un interessante dibattito sulla sua originaria collocazione. La presenza dei santi che scortano la Vergine, san Felice vescovo e martire e san Giovanni Battista, hanno permesso di formulare due ipotesi: la collocazione sull’altare maggiore della Cattedrale (per la presenza del san Felice vescovo e martire) o dell’altare maggiore della chiesa di San Giovanni de fustiganti, situata nell’insula episcopalis (per la presenza del san Giovanni Battista). Si segnala, infine, un’oleografia realizzata probabilmente sotto l’episcopato di Trojano Caracciolo del Sole (1738-1764) raffigurante una veduta a volo d’uccello della Diocesi di Nola confinante con dodici cattedre vescovili. Essa presenta affinità iconografiche con un’ incisione settecentesca allegata alla “Della Nolana Ecclesiastica Storia” di Gian Stefano Remondini, recante lo stemma del presule nolano.